La norma del Jobs Act che determina l’indennità spettante ai lavoratori licenziati ingiustificatamente è incostituzionale. La Corte Costituzionale ha annunciato la sua decisione in un comunicato del 26 settembre, in attesa che venga depositata la sentenza.
Secondo la Consulta, calcolare il risarcimento in base agli anni di anzianità di servizio del lavoratore all’interno della stessa azienda è illegittimo, poiché contrario ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Attualmente, infatti, l’indennizzo per gli assunti con contratto a tutele crescenti è fissato a due mesi di retribuzione per ogni anno di anzianità. Per rispettare il diritto e la tutela del lavoro sanciti dalla Costituzione, è necessario che siano invece i giudici del lavoro a poter stabilire l’entità dell’indennizzo, considerando la situazione specifica di ogni lavoratore, la sua condizione famigliare e gli aspetti aziendali e del territorio.
Sulla decisione della Corte Costituzionale si sono già espressi i massimi esperti di diritto del lavoro, intervistati dalla stampa. Il prof. Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha commentato che questa novità mina le fondamenta stesse della normativa contenuta nella riforma del Governo Renzi, che intendeva assicurare ai datori di lavoro maggiori certezze sui costi di eventuali licenziamenti.
Con la reintroduzione della discrezionalità dei giudici sul calcolo dell’importo dell’indennizzo, su questo tema si tornerà ad una situazione frammentaria e imprevedibile. Tiraboschi ammette tuttavia che il contratto a tutele crescenti, sebbene andasse incontro alle esigenze di flessibilità dei datori di lavoro, non è servito per dare un vero slancio alle assunzioni a tempo indeterminato.