L’emissione delle fatture, elemento cruciale nell’ambito fiscale, è disciplinata da precise normative, tra cui spicca il comma 4 dell’articolo 21 del DPR 633/1972, che richiama l’articolo 6 per definire correttamente il giorno di effettuazione dell’operazione. Entro dodici giorni da tale evento, la fattura deve essere emessa, sia essa in formato elettronico o cartaceo, salvo casi residuali in cui persiste la possibilità di adottare l’emissione tradizionale.
Fatture a cavallo d’anno: cosa fare?
Il ritardo nell’emissione di fatture può essere causato da diverse ragioni, che vanno dall’errore umano a prassi errate adottate dagli operatori. Ad esempio, nell’ambito degli acquisti online, alcuni soggetti passivi IVA tendono a emettere il documento certificante il corrispettivo dopo il termine previsto per il diritto di reso, al fine di evitare la doppia emissione di fattura e nota di credito. Questa pratica, tuttavia, comporta il rischio di incorrere in sanzioni rilevanti.
La violazione derivante dall’emissione tardiva delle fatture può assumere caratteristiche formali o sostanziali, a seconda dell’impatto sulla corretta liquidazione dell’imposta, come stabilito dall’articolo 6 comma 1 del Decreto Legislativo 471/1997. La violazione formale si verifica quando la fattura emessa in ritardo confluisce nella stessa liquidazione IVA prevista per una corretta emissione. Invece, la violazione sostanziale si configura quando il ritardo comporta l’inclusione della fattura in liquidazioni IVA successive.
Quali sono le sanzioni?
Le sanzioni, regolate dall’articolo 6 comma 1 del Decreto Legislativo 471/1997, variano dal 90% al 180% dell’imposta non correttamente documentata o registrata durante l’esercizio. Nel caso in cui la violazione non influisca sulla corretta liquidazione del tributo, la sanzione può oscillare tra 250 euro e 2.000 euro.
Se il ritardo nell’emissione della fattura incide sulla corretta liquidazione dell’imposta, l’articolo 5 del Decreto Legislativo 471/1997 stabilisce che la sanzione non può essere inferiore a 500 euro. Questo importo può essere successivamente definito al terzo durante la contestazione, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 16 del Decreto Legislativo 472/1997, o anticipatamente con il ravvedimento.
Da sottolineare che un ritardo nell’emissione del documento contabile alla fine dell’anno fiscale potrebbe comportare la contestazione dell’infedeltà dichiarativa nella dichiarazione annuale IVA, come indicato nella Risposta a interpello 528/2019 dell’Agenzia delle Entrate. La sanzione prevista per violazioni che non impattano sulla corretta liquidazione dell’imposta si applica per ciascuna operazione tardivamente documentata, con la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso.